Abele e il suo doppio hanno un appuntamento

La sirena dell’ambulanza suonava ripetutamente, fastidiosamente, ininterrottamente.
– …e se voglio posso inserire ancora un sacco di aggettivi che finiscono per “ente” – sentenziò il doppio, mentre si accendeva una sigaretta.
Abele lo ignorò, continuando a guardarsi intorno, in attesa di vedere qualcosa.
– Secondo te perché non la spengono? – chiese ancora il doppio.
L’ambulanza era ferma davanti a un palazzo e i paramedici erano entrati, armati di un paio di borse del pronto soccorso, scortati da un medico che – si sperava – sapeva bene quello che faceva. Tuttavia la sirena era rimasta accesa e l’orrendo e funereo frastuono continuava a lacerare l’aria, come se volesse dire che l’emergenza non era finita, di non abbassare la guardia.
Abele spostò il peso da una gamba all’altra, si sentiva teso come un quindicenne. Che poi era un modo di dire assurdo, visto che lui a quindici anni non aveva una ragazza e si limitava a giocare ai videogames.
– Sembri un quindicenne – sentenziò il doppio.
– Appunto.
– Di più: sembri un quindicenne sfigato che ha sempre e solo giocato ai videogames.
– Senti – intervenne, nervoso, – mi ricordi un pò perché sei voluto venire?
– Come siamo irritabili, oggi.
Abele gli mostrò il dito medio e il doppio diede un tiro alla sua sigaretta, ridendo.
– Posso sapere cosa fai? – gli chiese.
– Aspetto.
– Aspetti? Tutto qui?
– Aspetto l’illuminazione. E’ meglio? Preferisci che aspetti la venuta del Signore in terra?
Il doppio non rispose e Abele gliene fu grato. Aspettava e basta. Aspettava, si sentiva nervoso da morire e basta. Ma comunque aspettava.
– Posso farti una domanda? Sempre che non disturbi il tuo incessante macerarti, eh? – il doppio si fece ancora avanti.
– Cristo, com’è vero Iddio, oggi mi compro un chihuahua. E do te, in cambio.
– No, mi chiedevo – lo ignorò l’altro – perché sei così in ansia, mentre aspetti? C’è possibilità che non venga?
– No, non credo.
– E allora?
Abele sospirò e gli lanciò un’occhiataccia. Il doppio, come sempre, non sembrò farci caso.
– Aspetto e sto in ansia perché fino a quando non la vedrò apparire, avrò sempre paura. Aspetto perché è sempre stato così; l’ho sempre aspettata. L’ho aspettata quando usciva dal lavoro, quando doveva arrivare alla stazione dei treni e anche quando andava in un bagno publico. Non riesco a immaginarmela una vita senza me che l’aspetto.
Il doppio lo guardò in silenzio. Poi gettò la sigaretta a terra e scrollò le spalle.
– Non ti capisco. Io le sono sempre andato incontro. Ma è la tua vita.
Fece un cenno di saluto con il capo e si allontanò.
Abele lo seguì con lo sguardo, fino a quando non scomparve dietro un angolo. E se avesse avuto ragione?
Fu allora, che come sempre aveva saputo, lei comparve.

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